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Antonio Tessitore, la SLA e la laurea: “Lottate per i vostri diritti”

Antonio Tessitore è un italiano di 42 anni, e da 15 è affetto dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica. Una condizione che, comunque, non gli ha impedito di conseguire una tesi in Diritto Tributario dal titolo L’attività di accertamento fiscale. Presupposti e tipologie. E lo ha fatto nonostante la malattia gli abbia tolto la parola, riacquistata grazie a un pc e un sintetizzatore. Il risultato? Laurea all’Università telematica Pegaso di Napoli con votazione 110 su 110 con lode.

La storia di Antonio Tessitore racconta di una disabilità positiva spesso parlata, ma mai approfondita nel suo essere. Perché sì, sicuramente sono esempi brillanti di come si debbano superare i limiti della propria condizione. Tuttavia, ci sono altri argomenti di cui parlare. E lo abbiamo fatto con il diretto interessato.

Salve Antonio Tessitore e benvenuto su Heyoka. Per cominciare, ti chiediamo qual è la tua definizione di Disabilità Positiva.

“Salve a tuti voi. Beh, per me significa avere la capacità ogni giorno di superare le barriere che la disabilità ti mette di fronte. Questo non rinunciando alla socialità, come pur capita, purtroppo spesso, in persone affette dalla disabilità. Portare all’esterno certe situazioni contribuisce alla diffusione della conoscenza anche nella società”.

Qualche giorno fa, ti sei laureato con il massimo dei voti in Economia Aziendale. La tua storia ha fatto il giro del web, raccogliendo l’entusiasmo di moltissimi utenti. A tuo avviso, come mai hai avuto una risonanza così importante?

“A dire il vero non lo so nemmeno io. Scherzo. Io credo perché è la storia di chi, come me, pur non potendo muoversi o parlare, ha voluto sfidare una volta di più tutte le difficoltà che la Sclerosi Laterale Amiotrofica, ormai da oltre quindici anni la mia sgradita compagna di viaggio, ti pone davanti. Ho voluto sempre pormi nella mia vita, e ancora di più da quando mi sono ammalato, obiettivi. La laurea è uno dei questi”.

Il conseguimento della laurea da parte di una persona con la SLA può avere numerosi significati. Noi ne scegliamo uno: le persone con disabilità possono realizzare obiettivi complessi, come appunto conquistare il famoso ‘pezzo di carta’. Qual è, invece, il tuo?

“Innanzitutto, il prossimo è quello di conseguire anche la laurea magistrale. Questo per realizzare un sogno che ho da tempo, ovvero dare il mio contributo a una Asl a titolo gratuito in compiti come quello di programmazione a favore delle categorie meno fortunate. E poi, dopo due libri, anche un terzo. Ho ancora molte cose da fare”.

Antonio Tessitore, a questo punto la domanda è d’obbligo: dopo questo primo percorso universitario, cosa ti senti di affermare riguardo all’inclusione sociale in termini di accessibilità allo studio?

“Io frequentato l’Università telematica Pegaso e devo dire che ho ricevuto il massimo della disponibilità. Per questo, in sede di esame di laurea, ho voluto ringraziare il rettore e tutta la commissione”.

La tua storia deve essere anche un esempio per tutte le persone con disabilità che pensano di non poter raggiungere determinati obiettivi. Ti senti di lanciare un messaggio in tal senso?

“Io vorrei prima o poi non essere più un esempio, perché ciò vorrebbe dire che tante persone ce l’hanno fatta come me, e quindi che la disabilità può essere vissuta senza essere più, agli occhi degli altri, un fatto ‘straordinario’. Dico a tante persone diversamente abili, perché è forse una definizione che preferisco, e alle loro famiglie di non avere paura di alzare la voce e di lottare per i propri diritti”.

Domanda banale quanto millenaria: la disabilità non ha limiti?

“Il limite è solo fisico, con la mente si può arrivare ovunque. E andare avanti nella vita. A testa alta, senza paura”.

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Toro Seduto, il rapper con distrofia: l’intervista

Toro Seduto a Heyoka. No, non potevamo farci sfuggire quest’occasione. Perché Michele Sanguine, aka Toro Seduto appunto, è un 34enne lombardo con distrofia muscolare. Ideatore del Wheelchair GP, da diversi anni ha intrapreso la strada della musica, diventando il primo rapper con disabilità a cantare all’Alcatraz di Milano. Lo abbiamo contattato per capire come mai la sua esperienza è assimilabile nel concetto di Disabilità Positiva.

Come nasce Toro Seduto?

“Da bambino, avendo la distrofia, ho camminato fino a 12 anni. Alle elementari già suonavo la batteria, perché mi è sempre piaciuta la musica. Sono uno che ascolta la musica tutto il giorno, preferisco sentire la radio che la televisione. Tutto è nato dall’idea di fare un’esperienza nuova. Mi sono detto: ‘Perché non provare a scrivere una canzone?’. Così ho scritto un testo. Però avendo il respiratore, la mia vocalità non può essere chissà cosa. Dato che il rap è molto parlato e poco cantato, ho provato questa strada. Ho trovato dei ragazzi che mi hanno aiutato a fare la base, ho fatto il videoclip, e Proteina ha raggiunto quasi le 9 mila visualizzazioni. Da uno scherzo e dalla voglia di mettermi in gioco, ho visto che funzionava. Così ho continuato, e da quest’inverno ho cominciato anche a esibirmi in qualche locale. Nonostante la malattia, il respiratore, si può cantare senza vergognarsi della situazione”.

Proteina non è un testo pietistico, anzi è molto irriverente. È giusto che questo tipo di linguaggio sia più condivisibile rispetto ad altri?

“Noi siamo abituati a vedere la pietà e soprattutto la polemica del lamentarsi che qualcosa non funziona. Io uso questo linguaggio non perché lo faccio apposta, ma perché rappresenta il mio carattere. Chi mi conosce sa che non continuo a lamentarmi del parcheggio disabili occupato, che non c’è la rampa, che la gente è cattiva. Non sono così. E tento di mettere in musica quello che rappresenta la mia personalità”.

Secondo te, quale può essere la definizione di Disabilità Positiva?

“Secondo me, la disabilità positiva porta solo serenità. A vedere che noi siamo ragazzi, va bene sulla sedia a rotelle, ma come tutti vogliamo vivercela. C’è chi va allo stadio, chi canta, chi fa il fantacalcio… insomma, abbiamo delle passioni, perché siamo degli esseri umani. Cioè, ora non è perché siamo dei disabili dobbiamo stare a casa a vedere la televisione, senza uscire e non interagire con gli altri”.

Ecco, tu non stai mai a casa, ho visto che hai presenziato a concerti molto importanti, come quello di Jake La Furia. Come sono nate queste opportunità? Il pubblico che hai trovato di fronte come si è rapportato nei tuoi confronti?

“Ho cantato al concerto di Jake La Furia e anche, soprattutto, all’Alcatraz di Milano, chiudendo il concerto del rapper milanese Axos. Innanzitutto, ho mandato mail ai locali. ‘Io sono Toro Seduto, mi piacerebbe cantare anche solo un pezzo durante una vostra serata’. Un bel giorno quelli dell’Alcatraz mi telefonano e propongono questa cosa. Contentissimo, sono già lì dal pomeriggio e mi trattano in maniera favolosa. C’era il camerino, mi hanno regalato i gadget, lo staff era molto simpatico. Prima di cantare, ero lì che aspettavo e sentivo tantissima gente: c’erano più di 2 mila persone. Dentro di me dicevo: ‘Chissà come reagiranno, se con me si creerà del gelo, saranno straniti’. Invece, com’è iniziata la base e io a cantare, il pubblico ha cominciato a seguire la canzone. Mi hanno accolto davvero in maniera fantastica. Sono rimasto stupito. Pensavo si creasse un attimo di freddezza, e invece sono stati calorosissimi. Anche a quello di Jake La Furia: ragazzi molto giovani sono stati molto attenti e allo stesso tempo hanno creato un calore che non mi aspettavo”.

Mi sono imbattuto in uno dei tuoi recenti singoli, Maschere. Trovo che sia un titolo molto forte, sulla scia di Luigi Pirandello. Com’è nato il pezzo e se lo hai indirizzato verso qualche concetto particolare?

“Ho conosciuto Elena Colombo, che ora canta assieme a me. Fa la corista. Così, quando dovevamo scrivere questo testo, volevo scriverne uno che facesse capire che, nonostante io ho una maschera per respirare, non sono un mostro, non sono una persona strana. Ed Elena ha pensato di collegare il fatto che c’è gente che la indossa metaforicamente. Da lì è nata questa canzone, da due idee messe insieme. Ci siamo trovati e abbiamo scritto il testo a quattro mani”.

Maschere e Proteina non sono i tuoi unici singoli, ce ne sono altri. E quindi la domanda è d’obbligo: a quando un album?

“Ci stiamo muovendo. Però sono alla ricerca di qualche associazione che magari voglia unire una raccolta fondi insieme alla vendita del cd. Sto cercando di muovermi per avere delle risposte. Magari lancerei un appello: chi volesse legare una raccolta fondi sulla distrofia muscolare con Toro Seduto, sarebbe una cosa carina”.

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“Io, Steradiodj e la disabilità positiva”

Steradiodj è la one man web radio di Stefano Pietta, persona con tetraparesi spastica. Un percorso che, dalla nascita del progetto, ha portato il ragazzo bresciano a farsi conoscere nel mondo della comunicazione. Tant’è che la sua creatura è in continua evoluzione, soprattutto nella fascia oraria di trasmissione, che attualmente va dalle 10:30 alle 23.

“Diventa sempre più impegnativa questa cosa”, gli dico al telefono. “Sì, ma anche più divertente”, mi risponde lui con naturalezza. Un divertimento che lo stesso Stefano vuole condividere: di fatto, è possibile mettersi in contatto con lo speaker in ogni momento, anche per chiedere di mandare in onda un brano. Noi, per ora, lo abbiamo chiamato per conoscere il suo esempio di disabilità positiva.

Che cos’è Steradiodj?

“Innanzitutto grazie a tutti per l’opportunità di raccontarmi su Heyoka. Steradiodj è una mia web radio, nata 6 anni fa con l’idea soprattutto di sensibilizzare sul tema che mi riguarda in prima persona, la disabilità. Quando ho aperto Steradiodj, mi son detto: ‘Perché non apri un tuo canale radiofonico per passare tramite la tua voce il messaggio della disabilità?’. Che possono essere messaggi positivi, ma anche far conoscere le difficoltà che una persona con disabilità può avere”.

Heyoka e Steradiodj condividono la Disabilità Positiva. Che significato generale dai a questo concetto?

“Il significato generale può essere far capire alle persone disabili ma anche normodotate che, nonostante tutte le difficoltà che la vita ci può dare, noi persone con disabilità possiamo comunque vivere una bella vita. Io amo la mia vita, mi piace la mia vita. Il messaggio di positività della disabilità è vivete una vita nel miglior modo possibile”.

Prima dicevi che nella tua radio parli di disabilità. Qual è il modo migliore per farlo?

“La mia radio è un contenitore di musica e notizie, quest’ultime soprattutto riguardanti il mondo della disabilità. Io non vado quasi mai a commentare le notizie per esteso, ma nel corso delle mie dirette consiglio siti riguardanti il mondo della disabilità. Poi chi mi ascolta può andare a prendere la notizia e darne l’interpretazione che più preferisce”.

In merito agli ascolti, che riscontri hai avuto, nel bene e nel male?

“Nel male pochissimi, fortunatamente. Sono sempre molto appoggiato da tutti. I feedback positivi sono tanti, sia da persone disabili che normodotate che vogliono avvicinarsi alla disabilità. Che poi è il motivo principale per cui ho aperto questa radio. Ce n’è un secondo, non meno importante: cercami di fare nuove amicizie. Steradiodj vuole essere per me anche un modo per avere nuovi contatti e spunti di riflessione di vita”.

C’è qualcosa che può essere fatto per raccontare meglio la disabilità?

“Secondo me, c’è ancora parecchio da migliorare. Bisognerebbe partire dalle scuole e, magari, essere presenti relatori con disabilità per raccontare la propria esperienza soprattutto ai giovani. Da qui si può partire con un percorso davvero importante per conoscere meglio la disabilità. C’è ancora parecchia strada da fare, anche se oggi se ne sta parlando troppo usando terminologie sbagliate“.

Con Steradiodj ti sei tolto tante soddisfazioni, come intervistare note personalità della musica italiana. Ti aspettavi tutto questo?

“No, sicuramente non mi aspettavo questo ‘successo’. Diciamo che quando ho aperto la radio era anche questo uno degli obiettivi che mi sono prefissato, raggiungere personaggi famosi. Finora ce l’ho fatta, cercando autonomamente contatti, presentando sempre la radio. Questo mi riempe d’orgoglio, perché è un altro obiettivo che sto raggiungendo. È anche un obiettivo sempre in evoluzione, perché personaggi di questo tipo li vorrei intervistare tutti i giorni”.

Quali sono gli obiettivi futuri della tua radio? C’è qualcosa che stai preparando?

“Obiettivi particolari non ne ho, se non migliorare sempre di più la mia radio, offrire a chi mi ascolta e a chi mi segue sui social dei contenuti sempre molto validi che possano interessare il mio pubblico. Ma anche quello che è non è il mio target. Anche solo far conoscere le nuove programmazioni a chi si approccia per la prima volta a Steradiodj”.