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“Vi racconto la mia vita con Miopatia Metabolica Mitocondriale”

Simona Ciappei ha da poco compiuto 42 anni, è di Pisa e ha la Miopatia Metabolica Mitocondriale, associata ad altre patologie autoimmuni. La sua è una storia un po’ nota, vista la sua dinamica social importante riguardo la questione dei concerti accessibili ai disabili.

Di fatto, al centro della storia di Simona, va sottolineata l’esigenza di combattere per i propri diritti, sempre e comunque. La Disabilità Positiva di questa storia risiede nella volontà di non farsi ostacolare nemmeno dalla Miopatia Metabolica Mitocondriale.

Anche Simona ci ha contattato con il desiderio di voler raccontare la propria visione della vita, e poter diffondere la propria Disabilità Positiva dal punto di vista di una persona con Miopatia Metabolica Mitocondriale. Così, l’abbiamo intervistata.

Simona, come mai ha deciso di raccontare la tua storia a Heyoka?

“Trovo che sia importante sensibilizzare le persone su situazioni che non conoscono affinché ci si possa unire per risolvere ciò che non va. Heyoka dà questa splendida opportunità”.

Sui social network sei molto attiva con il progetto dal titolo “Sottoilpalcoanchio”, attraverso il quale parli della necessità diffusa da parte delle persone con disabilità di godersi i concerti con più coinvolgimento. Perché hai deciso di intraprendere questa strada?

“Ho notato che si dà sempre molta importanza all’abbattimento delle barriere architettoniche, ma mai a quelle mentali. Non tolgono importanza alle prime, ma ho voluto dar voce a tutte quelle persone che provano ‘vergogna’ o si sentono in difficoltà a far valere il proprio diritto al divertimento. Come se una persona disabile non dovesse neppure pensare allo svago.

Tutti noi ci dedichiamo a qualcosa che ci fa star bene, che ci fa smettere di pensare ai problemi della nostra vita per andare avanti. Credo che, per una persona disabile, questo sia ancora più importante, poiché oggi si rischia (proprio per i problemi di barriere architettoniche e mentali) l’isolamento e di conseguenza, la depressione. Ho scelto la questione concerti perché la musica è un antidepressivo naturale“.

Attraverso la tua pagina Facebook, vorresti essere una fonte d’ispirazione per gli altri nel vivere pienamente la propria quotidianità con disabilità?

“No, non mi sento una fonte d’ispirazione. Sono solo arrabbiata e rammaricata nel constatare che non tutti gli esseri umani abbiano gli stessi diritti (oltre che doveri). E detesto il fatto che non siamo noi a sentirci diversi, ma sono gli altri a farci sentire tali”.

È consuetudine notare un pensiero abbastanza discriminatorio da parte dell’opinione pubblica, che pensa alle persone con disabilità incapace di vivere una piena quotidianità. Perché, a tuo avviso, esiste questo pensiero? È possibile cambiare il la percezione dell’opinione pubblica?

“Credo che il problema sia alla radice. Non c’è la giusta educazione al problema. Si pensi che nel 2019 non si riesce a pensare ad un qualcosa di già accessibile a tutti, ma continuiamo a parlare di abbattimento delle barriere. La legge è del 1989.

Ci vuole un radicale cambio di mentalità. Pare che vada avanti solo la tecnologia, ma non l’intelletto delle persone: qualcosa non torna. Si potrebbe iniziare mettendo un ministro della disabilità che sia disabile al governo. Alla fine, è vero che le situazioni le capisce solo chi le vive sulla propria pelle”.

Per quanto la Miopatia Metabolica Mitocondriale risulta invalidante, quant’è importante combattere per i propri diritti?

“Io ho sempre pensato che non serva a niente lamentarsi di una situazione senza fare niente per cambiarla. E poi, non sono mai riuscita, sin da piccola, ad accettare le ingiustizie. Questa è la mia essenza. Diciamo semplicemente che la malattia, anzi, le mie malattie hanno intaccato solo il corpo, ma non il mio modo di essere, la mia coscienza. Certe cose devono cambiare per i più giovani, per le nuove generazioni. Trovo giusto evitargli sofferenze aggiuntive se esiste una soluzione”.

Qual è il tuo significato di Disabilità Positiva?

“Sfruttare le conoscenze del mio stato di disabilità per farle capire agli altri ed, assieme, poter cambiare ciò che non va. Dico sempre: non mi focalizzo mai sul problema, ma cerco una soluzione”.

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Scalzo, il rapper che sensibilizza sulla Fibrosi Cistica

Qualche tempo fa abbiamo conosciuto Scalzo, un rapper italiano impegnato nel sociale, soprattutto per portare in auge il tema della Fibrosi Cistica. E come lo fa? Con la sua musica. Nell’ottobre 2019, infatti, Scalzo ha inciso “Se io soffio tu respiri“, un brano coadiuvato con Elena Faccio proprio in favore di una campagna di sensibilizzazione su questa condizione.

Scalzo: “Invito alla sensibilizzazione”

Alle nostre videocamere, Scalzo ha spiegato dettagliatamente che la sua è un’opera “a sostegno dei bambini affetti da Fibrosi Cistica. Il senso è di cercare di dare un messaggio di speranza ai più piccoli. Attraverso il nostro soffio, quindi come volontari, possiamo dare un contributo alla causa. Invito tutti a sensibilizzarsi su questo tipo di malattia, spesso dimenticata”.

La speranza, appunto, è il fil rouge dell’opera del rapper, un invito a “combattere tutti, l’uno accanto all’altro”. Chiamando in causa anche “gente che non ha a che fare con questa malattia”. Nel singolo stesso, Scalzo consiglia ai piccoli pazienti di “affrontare sia il sole sia la frusta, sempre con coraggio“.

C’è anche Radio Libera Tutti

Abbiamo una nota a margine – non così marginale. Il nostro incontro con Scalzo è avvenuto all’interno degli studi mobili di Radio Libera Tutti, un progetto di Radio InBlu che mette a disposizione i propri microfoni per i giovani pazienti dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma.

“L’idea – ci spiega la speaker Daniela Lami – è nata per regalare ai ragazzi più grandi l’opportunità di vivere un’esperienza nuova e avere un angolo di normalità in un contesto particolare come quello del ricovero. Ma, al tempo stesso, regalargli anche la possibilità di fare incontri speciali. Innanzitutto, tra di loro, ragazzi provenienti da reparti diversi. E poi, ogni settimana, portiamo un ospite, che può essere un personaggio famoso o qualcuno che ha una bella storia da raccontare“.

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“Vi racconto la mia vita con Tetraplegia post-traumatica”

Angela Procida è un’atleta con Tetraplegia post-traumatica. È molto giovane, ha 19 anni, ed è nata a Castellammare di Stabia (Napoli). Il suo è un ottimo esempio di Disabilità Positiva, in quanto la sua condizione non le ha impedito di diventare una nota campionessa paralimpica del nuoto azzurro. Basti pensare, ad esempio, al successo dei Mondiali di Londra 2019 e ai suoi recenti record mondiali.

Anche Angela ha voluto raccontarsi a Heyoka, spiegando come la sua tetraplegia post-traumatica non sia stato un limite per portare avanti una vita piena e costellata da enormi successi.

Angela, come mai ha deciso di raccontare la tua storia a Heyoka?

“Perché mi sembra un’ottima occasione per raccontare che, anche se la nostra vita è piena di ostacoli e difficoltà, che sembrano insuperabili, noi, con la nostra forza e voglia di superare i nostri limiti, possiamo rendere possibile l’impossibile. La mia vita è cambiata completamente dopo l’incidente. Ho dovuto imparare tutto da capo, un po’ come se fossi rinata. La cosa più importante della mia vita è stata iniziare a praticare nuoto. Lo sport, per me, significa libertà, cambiamento, equilibrio, forza. Mi ha aiutata ad essere più autonoma, mi ha reso più forte, sia dentro che fuori. Ora sento di poter affrontare tutto con la giusta ansia, tensione, gioia. Insomma, con l’equilibrio perfetto. L’acqua mi ha insegnato soprattutto a non aver bisogno di niente per essere indipendente, ma solo ed unicamente di me stessa, un costume, una cuffia e un paio di occhialini”.

Nei meccanismi sportivi, quant’è importante avere una mente propositiva e positiva?

“I mondiali di Londra sono stati fantastici per aver vinto il titolo di campioni del mondo e due medaglie mondiali, ma anche perché ho vissuto una situazione in cui per vincere tutto al meglio bisogna avere sia una mente propositiva che positiva. È un’ esperienza che ti segna per sempre. Chi pratica sport a livello agonistico, nel momento in cui affronta una gara importante, deve pensare sempre positivo. Non solo per vincere. E deve essere sempre consapevole che la vera vittoria non è conquistare una medaglia, ma migliorare se stessi. Prima di gareggiare, avevo un’ansia incredibile, ma cercavo di tranquillizzarmi pensando che la cosa importante e necessaria era dare tutta la mia forza, tutta me stessa, per compensare tutti i sacrifici che avevo fatto e per essere soddisfatta della mia prestazione”.

Abbiamo notato che sei molto attiva sui social network. Quanto questi strumenti possono essere utili per far emergere i caratteri positivi della Disabilità?

“Ultimamente ho deciso di essere un po’ più presente sui social. Questo è collegato anche alla mia carriera sportiva. I social sono i mezzi più efficaci per raggiungere più persone nel mondo e far conoscere i caratteri positivi di ogni disabilità. Mi farebbe piacere se riuscissero a conoscere me, in primis come persona e poi come atleta, perché credo che la mia storia sia molto particolare. Si tratta di una rinascita vera e propria. Inoltre, tante persone in difficoltà spesso tendono a cercare un confronto con altre persone aventi le stesse problematiche, anche attraverso i racconti di vita altrui. Qualche volta anche a me è capitato di leggere storie di ragazzi che, ogni giorno, incontrano tanti ostacoli. Questo mi ha permesso di apprezzare tanto la mia vita e i miei successi”.

È consuetudine notare un pensiero abbastanza discriminatorio da parte dell’opinione pubblica, che pensa alle persone con disabilità incapaci di vivere una piena quotidianità. Perché, a tuo avviso, esiste questo pensiero? È possibile cambiare la percezione dell’opinione pubblica?

“Spesso si pensa che noi diversamente abili non possiamo essere autonomi. Credo invece che possiamo esserlo soltanto con gli strumenti adatti. Il mondo di oggi non è ancora aperto mentalmente al 100% a una visione di persona con difficoltà motoria autonoma e indipendente. Infatti, a me, non piace quando si usa il termine ‘disabile’, perché indica una persona incapace di essere abile. Mentre ‘diversamente abile’ indica una persona che è abile in tutto, in modo diverso dagli altri. Inoltre, molte persone non conoscono lo sport paralimpico. Ma sono sicura che, prima o poi, si comprenderà che siamo diversi nella nostra unicità, che abbiamo le stesse possibilità, che abbiamo il diritto di essere indipendenti, autonomi e liberi, che abbiamo il diritto allo sport, ma soprattutto alla vita”.

La Tetraplegia post-traumatica ti ha mai impedito di voler diventare un esempio per le persone?

“Assolutamente no. Anzi, nella vita la Tetraplegia post-traumatica mi ha aiutata a diventare la persona che sono oggi: forte e determinata. Grazie a tutto ciò, ho potuto amare immensamente il mio sport. In aggiunta, ho potuto conoscere tutte le persone che mi sono vicine ogni giorno e, soprattutto, ora so di non dover mollare mai, né nello studio, né nello sport, ma soprattutto nella vita”.

Qual è il tuo significato di Disabilità Positiva?

“Ho un significato ben preciso di Disabilità Positiva: non bisogna mai farsi abbattere dalle barriere, ma abbattere le barriere. Ognuno deve saper approfittare dei propri punti di forza per riuscire a superare le proprie debolezze, vivere la propria vita senza porsi condizioni e freni. La vita è una, bisogna cogliere sempre gli attimi perché la disabilità non significa non poter fare alcune cose, ma significa avere una mente più aperta, matura, capace di affrontare ogni difficoltà della vita”.

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Diritti Heyoka News

Perché il normodotato può (e deve) occuparsi di disabilità

Alcune delle parole più associate alla disabilità sono inclusione e qualità di vita. L’ultima è conseguenza della prima. Grazie a questo processo logico, possiamo intuire il livello d’integrazione di una società. Ma la disabilità è un caso limite, poiché è un argomento associato spesso alla ‘sfortuna umana’ o alla ‘nicchia sociale’: un qualcosa che riguarda solo chi ne viene colpito. Così, vale la pena ricordarlo: la disabilità non riguarda solo chi ce l’ha.

Il megafono della società

L’icona più famosa riguardante la disabilità è l’omino seduto su una carrozzina. Logicamente, quindi, i canoni estetici contemporanei presuppongono che esista un mondo popolato solo da persone disabili. Però non è così.

La società è una massa composta da molteplici differenze, non solo di tipo fisico e mentale. Per questo motivo, esiste una rappresentanza di cittadini che si incarica di rispettare i diritti di ognuno, qualsiasi sia la categoria di riferimento. Tuttavia, la garanzia dei diritti non è sempre immediata, ma ha bisogno di un megafono che ricordi ai governi di turno le priorità della cittadinanza.

Questo megafono non deve essere solo imbracciato da chi ha la necessità diretta. Una società è veramente inclusiva quando si muove all’unisono, quand’è in grado di intercettare i bisogni di tutti come un problema comune.

Verso i diritti equiparitari

Perché la disabilità dovrebbe essere un problema comune? Una società che non rispetta i diritti inalienabili di una persona è destinata al fallimento totale. Se una classe di individui non è salvaguardata, difficilmente potremo fare affidamento ‘alla propria casa’.

La guerra per i diritti equiparitari (concetto drasticamente rispetto all’uguaglianza) deve abbracciare ogni singola persona. Banalmente, un marciapiede senza rampa può creare notevoli disagi a chi siede su una carrozzina. Lo stesso ostacolo, però, risulterà proibitivo anche per anziani con difficoltà deambulanti e per genitori che trainano passeggini.

Insomma, la disabilità è ‘solo’ un tema, visto che la praticità delle richieste sociali possono investire trasversalmente diverse categorie appartenenti alla stessa comunità.

Anche il normodotato può parlare di disabilità

L’espressione massima di questo scopo, dunque, è vedere questo megafono imbracciato anche dai normodotati. I quali, oltretutto, si devono rendere conto di quale sia la battaglia di riferimento, perché è importante la loro presenza e quali azioni possono aiutare in tal senso.

Banalmente, si potrebbe cominciare a rispettare le segnaletiche stradali dedicate alla disabilità. O ancora, non fermarsi alle sole notizie che parlano di abusi e maltrattamenti, ma navigare alla ricerca della Disabilità Positiva. Oppure scoprire quali stereotipi sono vivi nella propria mente, così da abbatterli.

Una società di si dice inclusiva quando una massa si muove all’unisono anche per il rispetto dei diritti di una categoria. Ogni argomento sociale riguarda tutti, in un modo o nell’altro.

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Film a Natale: 5 pellicole sulla disabilità da vedere con parenti e amici

Ogni anno numerosi articoli ci consigliano film di Natale che raccontano vicende natalizie con sentimenti tipicamente natalizi. E se provassimo, invece, a sovvertire questa usanza? Noi di Heyoka abbiamo deciso di fare qualcosa di… diverso, selezionando per voi 5 pellicole sulla disabilità per i vostri momenti cinematografici con amici e parenti

“Tutti in piedi (Tout le monde debout)”

Iniziamo il nostro viaggio con i film a Natale tornando nel 2018, anno d’uscita di “Tutti in piedi“, commedia francese diretta e interpretata da Franck Dubosc. La trama racconta la vicenda di Jocelyn, un uomo d’affari egoista e misogino, che si finge una persona con paraplegia per sedurre una caregiver. Ma un incontro inaspettato potrebbe cambiare i suoi piani.

“A un metro da te (Five Feet Apart)”

Diretto da Justin Baldoni, “A un metro da te” (2019) narra la storia di Stella Grant (Haley Lu Richardson), paziente con fibrosi cistica, molto attiva sui social media nel raccontare la sua malattia. Durante le sue giornate incontrerà un altro paziente con la medesima condizione, Will Newman, inserito in un programma di terapia sperimentale al quale Stella vorrà prendere parte. I due approfondiranno sempre più il loro rapporto, minato però dall’esigenza di stare a due metri di distanza l’uno dall’altra per evitare l’insorgere di infezioni crociate.

“Altruisti si diventa (The Fundamentals of Caring)”

Altro passo indietro nel tempo, stavolta nel 2016, per scoprire “Altruisti si diventa“, pellicola diretta da Rob Brunett e basata sul romanzo “The Revised Fundamentals of Caregiving” di Jonathan Evison. In questa commedia troviamo Ben (Paul Rudd), un ex-scrittore che, per rilanciare la propria vita, intraprende la carriera di caregiver. Il suo primo datore di lavoro è Trevor (Craig Roberts), un 18enne con distrofia muscolare introverso e dal carattere difficile. Dopo aver superato alcuni paletti emotivi, Ben proporrà a Trevor un viaggio verso la buca più profonda del mondo, durante il quale incontreranno anche Dot (Selena Gomez), una ragazza in fuga dalla sua famiglia. Intrecci, intrighi e pericoli racconteranno un divertente viaggio verso l’indipendenza.

“Brutti e Cattivi”

No, non ci siamo dimenticati delle produzioni italiane per i vostri film a Natale. Nel 2017 uscì “Brutti e Cattivi“, opera diretta da Cosimo Gomez che racconta la storia di una stravagante banda di criminali della periferia di Roma, intenta a mettere in atto una rapina contro la mafia cinese. I protagonisti sono il Papero (Claudio Santamaria), medicante privo delle gambe, Ballerina (Sara Serraiocco), sua moglie senza braccia, il Merda (Marco D’Amore), tossicodipendente, e Plissé (Simoncino Martucci), nano scassinatore. Tutto funziona alla grande, finché tradimenti inaspettati non incrineranno i rapporti nel gruppo.

“Frida”

Il nostro ultimo consiglio per i film per il vostro Natale è “Frida“. L’opera cinematografica basata su “A Biography of Frida Kalho“, libro di Hayden Herrera, racconta la tormentata vita della pittrice messicana con spina bifida. Nel 2003 la pellicola vinse anche due Premi Oscar come miglior trucco e migliore colonna sonora.

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Diritti Heyoka News

Giornata Mondiale della Disabilità: ricordiamoci delle persone

Ogni 3 dicembre, la Giornata Mondiale della Disabilità ci rammenta numerose tematiche: l’abbattimento delle barriere architettoniche, l’integrazione sociale e lavorativa, l’inclusione scolastica e via discorrendo. Tanti propositi che, poi, nel corso dell’anno, sono spesso mal perseguiti. Per questo, a nostro avviso, dovrebbe cambiare il punto di vista su questa ricorrenza internazionale.

Come bisogna guardare alla Giornata Mondiale sulla Disabilità?

La Giornata Mondiale sulla Disabilità è simile al discorso di fine anno che noi tutti facciamo interiormente. Un’esigenza che nasce dal capire quanto e come una società punti effettivamente all’integrazione di una parte di comunità ghettizzata per la sua condizione.

Sostanzialmente, però, incontriamo sempre svariate frizioni e le stesse identiche problematiche. Certo, registriamo miglioramenti infrastrutturali, ma manca proprio una predisposizione verso la cultura della disabilità.

Cioè, l’opinione pubblica contemporanea continua a percepire il disabile come un malato, un poveretto, un angelo caduto dal cielo o un eroe in grado di essere un mero esempio di vita. E basta. Ma tutto ciò è estremamente qualunquista.

Come rinnovare la cultura alla disabilità?

Spezzando uno dei tabù culturali più difficili durante proprio la Giornata Mondiale della Disabilità: parlare prima di tutto di persone, poi della condizione. Ci dimentichiamo troppo spesso, di fatto, che stiamo parlando di essere umani con emozioni, sentimenti, intelligenza e capacità. Tutte accezioni che danno una dimensione positiva della persona, e ci rammentano quanto la disabilità – in determinati contesti – vada messa in secondo piano, almeno per un momento.

Quando ci raffrontiamo con qualcuno con una malattia rara o che siede su una carrozzina, non stiamo parlando con uno sfortunato: abbiamo di fronte a noi una persona a tutti gli effetti. La disabilità è una caratteristica che, ovviamente, richiede attenzioni speciali da parte della società, ma che non ne devono pregiudicare la sua dimensione umana.

Il video esperimento sociale di Ability Channel

Con questi principi, la redazione di Ability Channel ha realizzato un video esperimento proprio per la Giornata Mondiale della Disabilità. Ecco com’è andato.

(articolo e video non sponsorizzati da Decathlon Italia)